Giovedì (29.2.24) ho ripreso contatto con la documentazione del “Fondo Eridania” depositata all’Archivio di Stato di Forlì. Non ricordavo ci fosse tanta roba: sei faldoni pieni di cartelle e sette cartelle di grande formato contenenti centinaia di lucidi disegnati a china. Aver studiato approfonditamente la storia dell’ex zuccherificio mi consente di comprendere meglio le sfumature di questa documentazione davvero varia e per niente ripetitiva. Mi occorreranno altre due mezze giornate per concludere lo spoglio sommario che mi sono proposto di fare. Le cartelle polverose (alcune delle quali parzialmente ridotte in cenere) trasmettono lo sporco alle dita, insieme a un senso di abbandono malinconico che rischia di diventare angosciante dopo una mattinata di lavoro intenso, interrotto solo da qualche parola detta all’impiegata dell’archivio, impegnata a guidare le ricerche di studiosi talora improvvisati, spesso anziani, che si immergono nella memoria multiforme di quest’istituzione sempre più frequentata.

Durante la settimana appena trascorsa ho impiegato la maggior parte del tempo libero al saggio sull’Eridania di Forlì che ho quasi terminato. Resta qualcosa da sgrossare, ma anche le rifiniture sono ormai alla fine.