Mercoledì (5.10.22) siamo tornati al cinema per vedere qualcosa di sorprendente, che riallaccia il cinema italiano alla migliore tradizione del Novecento. L’esperienza del Covid ha agito come una musa ispiratrice sulla creatività dei bravi sceneggiatori che hanno messo in scena una situazione distopica ispirata al fenomeno del cambiamento climatico. Tante piccole storie che si toccano delicatamente senza intrecciarsi mettono in scena un’umanità terminale capace di ispirare ancora tenerezza, sullo sfondo di una città eterna in gran parte già attuale, col Tevere asciutto che l’attraversa come un gran canyon. Bravi anche gli attori, capaci di alcune interpretazioni sorprendenti (vedi ad esempio Silvio Orlando evaso suo malgrado da Rebibbia). Vorrei tanto che questo film non fosse un unicum, ma segnasse un inizio.