Le mie letture si sono diradate (dedico i ritagli di tempo del mattino al secondo volume del Singer, “La storia della tecnologia”, nella biblioteca scolastica) ma in queste settimane autunnali ho trovato l’occasione per andare a fondo in due libri che appartengono a mondi diversi e sono accomunati dall’unico fatto d’essere stati scritti trent’anni fa: “La ricerca del significato”, classico della psicologia cognitiva di Jerome Bruner e “Sul filo di lana”, bellissimo saggio di storia d’impresa dedicato ai Marzotto, scritto da Piero Bairati per il Mulino.
Al libro di Bruner avevo già accennato a settembre: l’ho letto e riletto due volte (almeno nella prima metà) per entrare meglio nella discussione. Il riduzionismo inseguito dalle scienze cosiddette umane per ottenere una patente di scientificità rischia di devitalizzare il soggetto studiato. E’ vero che la visione d’insieme trasmessa dalle narrazioni è fragile, parziale, transitoria, ma veicola un senso vivo da cogliere al volo, in un contesto di riferimento da negoziare e rinegoziare volta per volta. L’intelligenza sfugge gli schemi e si ricompone nelle narrazioni. Sul senso terapeutico di queste narrazioni ci sarebbe da discutere, ma chi ha imparato a vendere terapie cavalca anche a sproposito queste parole d’ordine divenute ormai di moda. Dobbiamo accettare l’autobiografia come processo identitario di ricomposizione del sé: lo scostamento dalle attese e il ritorno nell’alveo della normalità è un’oscillazione simile agli sviluppi di un tema di musica tonale. Chissà se l’amico G.O.Longo pensava a Bruner, sostenendo che il genere Homo Sapiens costruisce se stesso come narrazione incessante.
Il libro dedicato alla famiglia di imprenditori tessili Marzotto mi ha aiutato a collocare gli eventi della storia dello sviluppo industriale italiano, soprattutto in relazione all’autarchia ed alla ricostruzione post bellica, su cui ho concentrato le mie ricerche in questo 2020 . Ma la storia di cinque generazioni di imprenditori tessili era cominciata molto prima, nell’Italia pre-unitaria, e si era configurata come un ricco principato illuminato, con cui tutti i governi della penisola sono scesi inevitabilmente a patti. Le pagine più affascinanti sono quelle in cui prende il volo l’utopia di Gaetano Marzotto: prima con la costruzione della città ideale negli anni Trenta, poi con la realizzazione della tenuta agro industriale di Fossalta, che avrebbe voluto fornire un modello alla riforma agraria degli anni Quaranta, in continuità con le industrie agrarie della tradizione, un po’ padronali, un po’ socialiste, comunque fraintese dalla storia successiva.
(Affine a questi discorsi è appena uscito un mio articolo nell’ultimo numero della rivista “L’Industria Saccarifera Italiana”: L’industria del sorgo e le origini dell’ORBAT 1940-1948).